Fare giornalismo è oggi sempre più solo mettere insieme dati raccolti al volo, riempire al più presto spazi fra pubblicità e passare subito ad altro.
Eppure proprio il dramma più attuale, la guerra in Ucraina sta mostrando che l'informazione si fa con persone in carne ed ossa, che sul posto - fino a rischio della vita - attraversano gli avvenimenti, li raccontano e danno voce ai protagonisti. (E anche loro sono troppo spesso free lance senza protezione) Nessuno si sentirebbe informato solo da dispacci ufficiali o voci del web.
E se ciò non bastasse, a mettere in crisi la libertà di informazione e l'indipendenza del giornalismo, nel corso degli anni si è aggiunta l'arroganza di ogni tipo di potere. Mentre veniamo schiacciati dalla presenza della pubblicità, poteri più forti usano il ricatto della denuncia minacciata a raffica o forme più sottili di manipolazione della verità, di cui spesso i colleghi non hanno modo di essere consapevoli.
A tutto questo fa sfondo la crisi generale dell'editoria che ne ha prodotto l'accentramento in poche mani. Sono 8 i grandi gruppi editoriali che in Italia si dividono tutto: giornali, televisioni, radio e web. È una concentrazione subita quasi sempre da Cdr e sindacato davanti alla prospettiva minacciata della perdita di posti di lavoro (che poi immancabilmente andavano comunque perduti).
Una storia che non ci è estranea: anche nella nostra regione il pluralismo dell'informazione è stato drasticamente ridotto e un editore-imprenditore controlla gran parte dell'informazione e della raccolta pubblicitaria.
Noi chiamiamo tutta la categoria a vigilare in difesa del lavoro di tutti noi e della nostra dignità: con l'impegno di tutti, al di là della concorrenza fra testate o le ricadute nelle redazioni degli scontri di potere in atto nella società, potremo tutelare il lavoro dei singoli insieme a quello di tutta la categoria.
Un ulteriore impegno è quello di dare corso alla Carta di Firenze, cioè lavorare per ridurre il precariato e per l'affermazione del giusto compenso.